La teoria della mente estesa (Nascere cyborg)

Riporto un mio vecchio articolo del 2011. In coda i commenti lasciati sul vecchio blog.

As our worlds become smarter, and get to know us better and better, it becomes harder and harder to say where the world stops and the person begins. [...] We cannot see ourselves aright until we see ourselves as nature's very own cyborgs: cognitive hybrids who repeatedly occupy regions of design space radically different from those of our biological forbears.
Andy Clark, da Natural born cyborgs?

Stelarc

Il filone fantascientifico del cyberpunk, ha reso popolari le idee del movimento culturale transumanista, il quale auspica l'aumento delle capacità fisiche e cognitive dell'uomo, mediante la tecnologia. Nell'immaginario cyberpunk, questo avviene mediante la modifica del proprio corpo, tramite innesti cibernetici. Questo genere di modifiche, trasforma le persone soggette in una particolare variante di cyborg, degli organismi cibernetici, degli esseri umani potenziati. Tuttavia, possiamo notare che attualmente siamo già degli umani potenziati dalla tecnologia che abbiamo a disposizione quotidianamente e che utilizziamo con regolarità. Un'osservazione che può apparire banale, ma che stimola ad elaborare una teoria della mente diversa dalle precedenti basate su riduzionismo materialista o su un dualismo che tiene rigidamente separati gli stati mentali da quelli materiali. La teoria della mente estesa, può poggiare su un approccio di tipo funzionalista o emergentista.

Definiamo meglio questi -ismi. Con riduzionismo materialista si intende che gli stati mentali sono un'espressione del sistema nervoso, al quale si può far corrispondere esattamente ogni configurazione di essi. Secondo il R.M., la mente non può essere separata dal corpo, e lo studio della neurofisiologia è sufficiente a comprenderla. All'opposto, il dualismo sostiene l'irriducibilità degli stati mentali alla materia. Mente e materia sono separati e non possono in alcun modo interagire.

In mezzo a questi due opposti si collocano funzionalismo ed emergentismo. Il primo termine fu usato per la prima volta da Hilary Putnam come opposizione al riduzionismo, basandosi sull'idea delle molteplici realizzazioni. Ovvero: un particolare stato mentale non può essere identico ad un certo stato cerebrale, perché i singoli stati mentali che appartengono a quel tipo di stato cerebrale possono essere implementati da stati cerebrali di genere diverso. Questo comporta che, data la molteplice realizzabilità degli stati mentali, essi possono manifestarsi anche in sistemi diversi da quello umano, ad esempio in calcolatori. L'idea di mente come software che gira sopra ad un hardware di carne e neuroni, nasce da qui.

La teoria della mente estesa, come il funzionalismo, assume che la mente sia indipendente dalla materia, la quale può anche essere di tipi diversi, dall'organico, all'inorganico a combinazioni di questi, come vedremo più avanti.

L'emergentismo è una corrente filosofica che parte dallo studio dei sistemi complessi. In essa, la mente è una proprietà emergente dell'interazione di più elementi di un sistema. In poche parole, da un sistema dinamico possono scaturire, in modi completamente auto-organizzati, dei comportamenti che, nello studio dei singoli componenti, non si sarebbero potuti prevedere. In questo modo, l'emergentismo può permettersi di non rifiutare completamente tutte le varie categorie epistemologiche contrapposte, quali meccanicismo e vitalismo, monismo materialista e dualismo cartesiano, riduzionismo e olismo, oggettivismo scientista e soggettivismo umanistico, ma di prendere da esse le parti utili e di fare da tramite, mediante l'idea di quid emergente.

Un filosofo emergentista di cui ho già scritto su questo blog è Douglas R. Hofstadter, mentre Daniel C. Dennett, altro filosofo di cui ho scritto, si autodefinisce un funzionalista. La teoria della mente estesa, abbatte i presunti limiti definiti dal confine del cervello fisico e dall'epidermide. Dal cervello, partono assoni che vanno ad innervare tutto il corpo umano, formando così il sistema nervoso, il quale è un sistema dotato di retroazione. Lo stesso feedback è presente nell'interazione con l'ambiente, ad un livello superiore rispetto ai "semplici” scambi chimici ed elettrici che avvengono all'interno del corpo. Un cervello che nascesse senza corpo e completamente isolato, non potrebbe produrre una mente come la intendiamo ora. Lo stesso accadrebbe con un essere vivente nato e rimasto completamente isolato dall'esterno. Gli esperimenti sulla deprivazione sensoriale sono indicativi: la mente ha bisogno di continue interazioni con l'esterno per funzionare nel modo in cui conosciamo. In assenza completa di interazione ambientale, la mente, se possiede già dei ricordi, tende a sopperire mediante allucinazioni. Solo grazie a questo sistema dinamico formato da ambiente, corpo e cervello, possono emergere le menti che conosciamo. Questo viene chiamato approccio incarnato e situato.

Il mondo non è una costruzione del cervello, non è il prodotto dei nostri propri sforzi coscienti. C'è per noi, noi siamo al suo interno. La mente cosciente non è dentro di noi; sarebbe meglio dire che essa rappresenta una forma di attiva sintonia con il mondo, un'integrazione realizzata. È il mondo stesso che fissa la natura dell'esperienza cosciente.
Alva Noe (Perché non siamo il nostro cervello), filosofo di posizione enattivista.

Ciclista

Essendo tutto parte di un sistema dinamico complesso, diventa utile analizzare il modo in cui i vari componenti interagiscono fra loro. Osservando il comportamento e la storia del genere umano, possiamo accorgerci di quanto esso modifichi continuamente l'ambiente per adattarlo alle proprie esigenze. Al tempo stesso, dal punto di vista biologico, gli organismi umani si adattano all'ambiente di generazione in generazione nel modo descritto dalla teoria dell'evoluzione. Dal punto di vista cognitivo, l'essere umano apprende continuamente nuovi modi per interagire con l'ambiente. Sia per sperimentazione, che per imitazione. Modifica i propri schemi mentali per renderli adatti a vivere nel luogo e nel tempo in cui è situato. Possiamo quindi dire che la mente umana non è assolutamente isolata e separata dal mondo e non c'è una totale distinzione fra interno ed esterno. Dal momento in cui l'uomo inizia a costruirsi strumenti o anche solo ad interagire abitualmente con parti dell'ambiente, queste diventano parte degli schemi mentali dell'individuo. Ogni volta che esso vorrà fare un'azione, sarà automatico per lui utilizzare questi supporti esterni al proprio corpo, con la stessa naturalezza con cui esso utilizza gli strumenti del corpo. L'uso di essi ci permette di eseguire compiti che altrimenti sarebbero decisamente più complessi e forse irrealizzabili. Questo crea un circolo nel quale l'entità degli adattamenti ambientali e degli adattamenti soggettivi che operiamo, aumenta esponenzialmente.

Secondo Andy Clark e David Chalmers, le condizioni che un supporto esterno deve soddisfare per avere una continuità con la mente sono:

  1. Il supporto deve sempre essere disponibile ed essere usato regolarmente, cioè deve essere una costante nella vita della mente soggettiva di cui è candidato a essere estensione.
  2. L'informazione contenuta nel supporto deve essere facilmente accessibile.
  3. L'informazione contenuta nel supporto deve essere accettata come valida in modo automatico.

Alcuni esempi: pensiamo al bastone di un cieco, alla calcolatrice di un contabile, all'automobile, al computer o al telefono cellulare sempre presenti, all'orologio da polso. Il ciclista che sente le asperità del terreno trasmesse tramite le vibrazioni della bicicletta, gli automatismi con i quali governa la bicicletta e la fa muovere, curvare, frenare, senza dover coscientemente e razionalmente decidere quali parti del proprio corpo muovere per compiere quella particolare macro-azione. Semplicemenete pensa che deve rallentare, ed in automatico fa rallentare tutto il sistema formato da lui più la bicicletta. Il nostro corpo ed il cervello in esso contenuto, potrebbero essere considerati come un'interfaccia fra la nostra mente emersa e l'ambiente. La nostra epidermide diventa un confine solamente materiale fra il corpo e le altre sostanze presenti nel cosmo, mentre dal punto di vista mentale non vi è alcun confine tranne quello sfumato definito dalla possibilità di interazione. Quindi, il cervello ed il corpo si adattano all'ambiente, il corpo modifica l'ambiente adattandolo a sé, e la relazione fra cervello ed ambiente si fa sempre più stretta. Al contrario di ciò che si potrebbe pensare, le capacità cognitive non diminuiscono a causa degli strumenti a cui ci abituiamo, ma si spostano dalla manipolazione diretta dell'ambiente naturale, all'utilizzo di interfacce che permettono tale manipolazione.

Mente estesa su xkcd

Interessante a questo proposito l'esperimento di Maguire (2003), in cui si dimostra che il volume di materia grigia dell'ippocampo dei taxisti londinesi è superiore rispetto a quello dei comuni individui e proporzionale agli anni di carriera trascorsi nel taxi. In sostanza, secondo Malafouris (2010), l'esperimento potrebbe suggerire che il download delle memorie inerenti alla mappa topografica della città nei moderni sistemi GPS, potrebbe di fatto liberare spazio neurale all'interno dell'ippocampo, spostando il carico dal cervello all'oggetto-navigatore. Se ora si estende l'idea di Malafouris ad ogni fenomeno di download neurale possibile, sembrerebbe che l'avanzamento tecnologico porti ad un collaterale svuotamento del cervello, rasentando una prospettiva che ricalca quella descritta dal film "Idiocracy", nel quale un'ipotetica umanità del futuro ha sviluppato tecnologie così avanzate da ridurre qualunque sforzo cognitivo al minimo, schiacciando il QI medio a livelli infimi.

Tuttavia, una prospettiva apocalittica di questo tipo non mi ha mai convinto seriamente e oltretutto mi è sempre parsa contrastare con le idee sviluppate dagli archeologi cognitivi e più volte discusse in questo blog. Se infatti nuove sfide ambientali avrebbero condotto in passato alla necessità di sviluppare nuove tecnologie litiche, richiedendo l'avvento di funzioni cognitive più avanzate, non è chiaro perché il processo dovrebbe invertirsi all'aumentare della complessità tecnologica degli artefatti realizzati dagli esseri umani. Il punto della questione, che scongiurerebbe l'ipotesi Idiocracy, è nuovamente nel concetto di interfaccia: per far funzionare correttamente i nostri contemporanei artefatti potrebbero essere necessarie nuove e più complesse funzioni di interfaccia tra realtà e cervello, sicchè le reti neurali ora libere verrebbero riciclate a questo scopo e le interfacce cervello/realtà continuamente sostituite o assemblate in nuove combinazioni più complesse, al crescere del livello tecnologico di fondo (Cfr. Dehaene, 2005; Malafouris, 2010 - Hypothesis of "Neuronal recycling”). Risultato di tutto ciò potrebbe essere una mente differente dalle varianti meno estese del passato, ma capace di confrontarsi probabilmente in maniera più efficace con le sfide del mondo a venire.

dal blog neuro@ntropologia - Neureplenish!

Commenti

D Garofoli on 5 luglio 2011 at 15:25

Grazie per la citazione. E´sempre un piacere leggere di questi argomenti sulla blogosfera, prova che non tutti si sono arresi alle solite banalitá e chiacchiere da bar che si trovano mediamente in giro per i blog.

Comunque, un´idea che sta emergendo in questi ultimi tempi é che il concetto di metaplasticitá, aka la plasticitá del sistema nervoso in connessione con la plasticitá culturale, che in pratica continuiamo a tirare in ballo con nomi diversi, sembrerebbe essere in relazione anche con la forma del corpo, sia durante lo sviluppo che durante l´evoluzione umana. Quindi é fondamentale inserire anche il corpo e le sue variazioni in questa serie di biofeedback ed in particolare cercare di comprendere come le variazioni nella struttura del corpo vadano ad influenzare la struttura della mente e quella delle pratiche culturali connesse, seguendo la logica dell´embodiment. Una sfida davvero impegnativa….

A presto!

Masque on 5 luglio 2011 at 16:12

Mi era piaciuta molto la parte che ho ripreso dal tuo blog. Volevo spiegare la stessa cosa, ma avendola trovata già così bene esposta, ho preferito riportarla per intero :) Sono convinto anch'io che la struttura del corpo influenzi la struttura della mente e certamente anche l'ambiente ha altrettanta influenza. Anche se preferisco non fare distinzioni nette fra soggetto ed ambiente… mi è difficile esprimere con le parole certe cose. specialmente perché sono cresciuto in una società nella cui cultura, il dualismo, che tendo a rifiutare, è molto presente. In una delle prossime parti, intendevo scrivere di qualcosa di simile, anche se non avevo ancora visto usare il termine metaplasticità. Ho anche un articolo della mia ex professoressa di filosofia della mente, che parla di emozioni in un contesto incarnato, da cui potrei attingere. :) Quanto alla modifica del corpo, potrebbe essere interessante anche uno studio antropologico, specialmente sui rituali ed i trucchi e le modifiche che i membri delle popolazioni tribali fanno su se stessi. Quanto la "trasformazione” esteriore dell'uomo in sciamano, gli permette di ottenere gli schemi mentali di uno sciamano prototipale. O in società più vicine alla notra, l'uso di abiti "speciali” per certi eventi particolari. Inoltre, buona parte degli attori, trova più semplice entrare nel personaggio, se prima modifica se stesso per apparire come il personaggio che vuole interpretare.

In futuro mi piacerebbe anche parlare dell'esternalismo radicale, che è la corrente a cui mi sento più vicino. Ma non ho ancora preparato nulla a parte delle bozze, quindi vedremo cosa ne emergerà ;)

D Garofoli on 6 luglio 2011 at 09:14

Non so qual é il tuo percorso accademico, ma io ad esempio mi sono trovato sempre in un ambiente in cui un monismo ingenuo (sistema nervoso = mente) é stato sempre combinato con un cognitivismo estremo, producendo un risultato estremamente riduzionista e limitato. Tornando al punto, consiglio di leggere il seguente paper, che potrebbe essere realmente ció che stai cercando:

http://scan.oxfordjournals.org/content/early/2010/01/19/scan.nsp057

Sull´esternalismo radicale, vai avanti please. Magari cerchiamo di capire il punto cruciale di questo approccio e cioé tutto il blocco metafisico. Io per ora non riesco proprio a capire i passaggi da esternalismo attivo al concetto di "coscienza come esistenza”….

Masque on 6 luglio 2011 at 10:50

Ho frequentato per qualche anno la facoltà di scienze cognitive. Lì, c'erano varie correnti. Sia il riduzionismo di cui parli, sia approcci più olistici. Solitamente il primo era più presente nelle materie vicine alla neurofisiologia. L'insegnante di filosofia della mente, al contrario, seguiva la teoria della mente estesa. Quando ho scritto del dualismo, mi riferivo al pensiero ingenuo che è diffuso al di fuori dell'ambito accademico. (qua avevo abbozzato qualche idea: https://neuroneproteso.wordpress.com/2010/12/05/dualismo-incarnato/ ) Ho letto l'abstract dell'articolo che mi hai segnalato. Penso che mi potrà essere utile. Grazie :) Sull'esternalismo… vedremo cosa ne uscirà :)

Gianluca Bartalucci on 6 luglio 2011 at 16:10

Articolo interessantissimo, che mi riprometto di commentare (magari scrivendo un post a tema) sul blog, appena ho un po' di tempo - ultimamente è un casino. :)

Il mio punto di vista è che su argomenti del genere dipenda, appunto, dal punto di vista: ad un livello altissimo non vedo come le idee dell'esternalismo - per dirne una - possano essere messe in discussione. Chi le nega, a mio avviso, sta solo guardando la cosa da un altro punto di vista o - più banalmente- non ha la sufficiente capacità di astrazione.

Masque on 6 luglio 2011 at 17:41

Mi piacerebbe leggere un tuo post sull'argomento :) L'esternalismo, al momento, penso che sia la posizione, dal punto di vista logico, più coerente e quella in grado di dare le spiegazioni più soddisfacenti (anche se certamente controintuitive).

liongalahad on 3 gennaio 2012 at 09:27

non so se ne hai mai sentito parlare, ma volevo porre alla tua attenzione questi due video che riguardano il Blue Brain Project.

(NB: i video non sono più disponibili)

guardali entrambi… e se ti va guarda anche questa conferenza del padre del progetto, Henry Markram

Per me siamo di fronte al più incredibile e affascinante progetto mai concepito dall'uomo. E la sensazione è che siamo molto più vicini all'intelligenza artificiale di quanto pensiamo, anche se attraverso un approccio totalmente diverso da quello, diciamo così, "tradizionale”… speriamo che i finanziamenti al progetto continuino

Masque on 3 gennaio 2012 at 20:03

non ne avevo mai letto approfonditamente, ma non mi è nuovo. è molto affascinante, infatti. sono curioso di vedere, quando riusciranno a completarlo, se troveranno il modo di farlo funzionare e cosa potranno scoprire.

così, mi parrebbe un approccio quasi solo riduzionista, di cui non sono un grande fan :) mi rimane infatti un dubbio: se davvero riuscissero a costruire una replica perfetta di un cervello, neurone per neurone, e funzionasse, cosa potremmo apprendere riguardo cosa sia la mente? :)

liongalahad on 4 gennaio 2012 at 09:22

L'approccio è diverso perché non c'è nulla di fisico (se non il supercomputer, che però non avrebbe proprio nulla di intrinsecamente intelligente) ma è completamente virtuale. Il cervello sarebbe una mera simulazione perfetta di un cervello umano. Sono molteplici gli spunti per speculazioni sulle possibili conseguenze del successo di tale esperimento.

Prima di tutto verrebbe confermata, secondo me, la teoria emergentista alla Hofstadter, in quanto da un sistema del tutto privo di intelligenza come un computer emergerebbe, grazie solo e unicamente all'organizzazione "software” e non quella meramente seriale dei suoi processori e dei nano-transistors in essi contenuti. Ad un livello più elevato del sistema, abbiamo un mirabile esempio di "autorganizzazione”, che ricorda in parte l'analogia del formicaio che Hofstadter fa nel suo GEB. Infatti il Blue Brain Project ha alla base la simulazione software delle cellule cerebrali, ogni tipologia di neurone (una cinquantina in tutto, mi pare) ha il suo corrispettivo in un modello software perfettamente replicato dagli ingegneri del BBP. L'organizzazione degli stessi neuroni virtuali e le varie interazioni fra loro segue ovviamente minuziosamente le direttive dei neurologi e dei neuro-fisiologi, a replicare a livello software le connessioni HARDWARE presenti nel cervello. Fin qui nulla di nuovo, soltanto un monumentale lavoro di replicazione del cervello. La cosa però che ha stupito tutti è stato quando, creata la prima colonna neuronale virtuale, a simulare una colonna neuronale della corteccia cerebrale di un mammifero (le colonne neuronali sono unità relativamente semplici del cervello, costituite da circa 10.000 neuroni, e sono uguali in tutti i mammiferi) si è visto come, immettendo un impulso elettrico in essa, la colonna neurale reagiva ESATTAMENTE come una colonna neurale vera, e questo senza che nessun ingegnere del software ne avesse progettato il complesso comportamento. Semplicemente la suddetta colonna neurale, partendo dalle semplici regole che determinano il funzionamento e il comportamento di ogni singolo neurone, è riuscita a simulare AUTONOMAMENTE il comportamento enormemente più complesso di una colonna neurale. Il punto è tutto qui. Un po' come se progettassimo la versione software di una formica e mettessimo le semplici regole di interazione fra formiche…arriveremmo infine ad ottenere una precisa replica virtuale del comportamento, assai più complesso, di un formicaio.

Il passo successivo ovviamente è quello di porre insieme le milioni di colonne neurali, con lo stesso principio, per poi ottenere a livello ancora più elevato, il comportamento iper-complesso di un cervello, con tutte le sue funzioni, coscienza compresa, la quale emergerebbe anch'essa da una complessa autorganizzazione delle colonne neurali (la sto facendo un po' a grandi linee ma più o meno dovrebbe essere così) e non da una progettazione umana "diretta” che sarebbe, visto lo stato attuale delle cose e le nostra effettiva conoscenza del funzionamento "software” del cervello, semplicemente impossibile.

Se avranno successo, e non è assolutamente detto data la complessità del progetto, ma se dovessero farcela la nostra comprensione della mente sarà, credo, totale. Sarà possibile studiare la reazione del cervello, ad ogni suo livello, di fronte a qualsiasi tipo di stimolo, sarà possibile tenere monitorato ogni singolo neurone, ogni colonna di neuroni, ogni settore del cervello, e farlo interagire con qualsiasi cosa o stimolarlo in ogni modo immaginabile ed ottenere ogni volta una mole di dati e informazioni oggi impensabili. E sapremo che la teoria emergentista (che trovo assai convincente) sia quella esatta.. Va da se che avremo moltissime altre conseguenza, soprattutto in campo medico e farmaceutico….

Un'altra conseguenza potrebbe essere che, dopo aver creato questa mente cosciente, intelligente e perfettamente funzionante, e aver compreso i minimi dettagli del suo funzionamento ( e dunque anche del nostro) forse sarà possibile capire quali sono le cause che determinino l'intelligenza, nel senso…. che cosa determina un QI più o meno alto? Compreso questo sarà relativamente semplice creare la versione virtuale del più intelligente cervello umano possibile. Da qui alla singolarità tecnologica il passo è breve poiché tale cervello avrebbe sì sembianze "virtuali” umane, ma sarebbe di gran lunga molto più intelligente di qualsiasi cervello vero e dunque più intelligente dell'uomo stesso. Esso potrebbe cominciare a studiare sistemi più complessi del cervello stesso e generare un essere ancora più intelligente .. eccetera eccetera. Tutto sta nello stabilire se sia possibile per un sistema (in questo caso la mente umana) da solo, e senza autorganizzazioni di livello superiore, riuscire a creare un sistema più complesso di se stesso, ma questa è una questione filosofica a cui non è possibile dare una risposta..

Un'ultima conseguenza, leggermente off-topic in verità, a cui ho pensato è questa: se è fattibile una versione virtuale "pensante” del cervello umano, che è di gran lunga il sistema più complesso che esista in natura, allora nulla vieta di poter, in futuro, una volta raggiunti livelli sufficienti della conoscenza della realtà fisica, creare una versione virtuale dell'Universo. Mi spiego: creiamo un sistema virtuale in cui valgano una ad una tutte le leggi fisiche conosciute, con tutte le regole di interazione fra le particelle, ecc ecc … A quel punto avremo creato un vero e proprio universo virtuale, che non necessiterà di nulla ma che basterà osservare per apprezzarne la naturale evoluzione. Al suo interno, se progettato davvero bene, potrà addirittura sviluppare la vita. E qui mi fermo, la testa comincia a girare.

mi scuso per la lungaggine e per il linguaggio magari poco curato ma ho scritto un po' in fretta e non ho troppo tempo per ricontrollare tutto :)

Masque on 4 gennaio 2012 at 13:37

hai scritto benissimo :)

la speculazione finale, mi ha fatto venire in mente il racconto "Non serviam” di Stanislaw Lem. C'è sulla raccolta "L'io della mente” curata da Dennett e Hofstadter. L'avevo anche trascritto qua. dal mio punto di vista, il fatto che sia ricreato via software piuttosto che, per esagerare, meccanicamente, non dovrebbe cambiare nulla (a parte che via software è molto più comodo fare modifiche ed esperimenti). fintanto che, ciò che conta, sono le relazioni fra le varie parti. come hai scritto giustamente, se funzionasse come vorremmo, avremmo conferma delle teorie emergentiste e fino ad un certo livello anche del funzionalismo (l'indipendenza dalla materia, ad esempio). quello che mi piacerebbe di meno, sarebbe il non avere una risposta alla domanda "perché emegra una mente, è necessario un cervello fatto esattamente come quello delle specie animali che conosciamo?”. avremmo la conferma che da un sistema costruito esattamente come i cervello umano, otteniamo una mente, ma mi piacerebbe scoprire, anche, come potrebbero essere possibili delle menti basate su sistemi compleamente diversi. insomma… solaris è possibile? :)

comunque, come esperimento lo ritengo davvero molto importante. è vagamente paragonabile alla mappatura del genoma umano. :)

liv on 15 gennaio 2012 at 13:52

Piacerebbe anche a me che Solaris fosse possibile! Mi potreste suggerire qualche saggio (in italiano) su scienze cognitive? Sono incerta se iniziare da Hofstader… Se ci sono equazioni non mi spavento ;-)

Masque on 15 gennaio 2012 at 15:16

bella domanda :D l'argomento è vastissimo e, ti dirò, pure io sono molto disordinato… (tant'è che, come vedi, la seconda parte di questo post non l'ho ancora fatta! :D) se ti trovi a tuo agio con logica e matematica, vai con goedel escher bach. comunque lì è molta logica, teoria e filosofia. non ci sono molte cose su esperimenti cognitivi. altrimenti, per una panoramica sulle questioni di filosofia della mente, c'è la bella raccolta "l'io della mente” che contiene racconti di vari autori, fra cui anche lem, commentati da hofstadter e dennett.

per qualcosa di più "applicato”, magari qualche libro di oliver sacks o ramachandran. penso che qualche spunto lo potresti trovare anche sul blog di gianluca. lui legge tantissimi libri sull'argomento: http://some1elsenotme.wordpress.com/ altrimenti, se vuoi dare una sbirciata alla mia libreria su anobii: http://www.anobii.com/masque/books ma probabilmente ci troverai più fantascienza, che saggi :)

liv on 15 gennaio 2012 at 22:53

Bene bene, ho già aperto il blog di Gianluca. Vedo che anche lui è per le letture disordinate :-) Tra parentesi, ho dato un'occhiata ad Anobii, per la fantascienza - tutti autori di altissimo livello! Tornando in tema, tra i libri che mi suggerisci penso che inizierò da GEB o da "L'Io della mente”.

Masque on 15 gennaio 2012 at 22:59

ottimo! se poi avrai voglia di scrivere da qualche parte delle considerazioni, dillo! mi piace leggere cosa ne pensano gli altri su questi argomenti :)

geb/l'io della mente: sono entrambi lunghini, ma il secondo è decisamente meno impegnativo. può essere un buon antipasto che farà venire voglia di "mangiarne” ancora :)

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