Il remake di Robocop, classico del cinema fantascientifico, ha ricevuto molte meritate critiche, ma ha qualche interessante merito che chi s'interessa di scienze cognitive e filosofia della mente potrebbe apprezzare.
Chi conosce il film originale, noterà sicuramente le differenze, che potrebbero essere viste come mancanze, di questo remake. La critica al consumismo ed al dominio delle megacorporazioni è portata in modo meno satirico, grottesco e cinico rispetto all'originale. Questa parte viene coperta quasi esclusivamente dagli interventi dello show televisivo di Pat Novak, caricatura dell'opinionista/influencer parziale, venduto ed opportunisticamente patriottico. Al confronto del film di Verhoeven, vi è anche molta meno violenza esplicita, cosa che gli ha fatto guadagnare il rating PG-13, rispetto al R del suo predecessore.
Come molti film recenti, la sceneggiatura, la disposizione degli eventi ed il tempo dedicato ad essi sanno di già visto. Questo pare essere uno dei moltissimi film che seguono lo schema dettato dallo sceneggiatore Blake Snyder nel suo libro seminale Save the cat!.
Ciò che il film porta di positivo, viene valorizzato solo se si fanno i dovuti compiti a casa con delle opportune ricerche. I nomi di alcuni personaggi principali, infatti, sono degli ottimi suggerimenti riguardo a cosa cercare. Il maggior oppositore all'introduzione dei robot nelle forze di polizia, infatti, porta il nome del filosofo Hubert Dreyfuss, notoriamente critico sulle idee classiche sull'intelligenza artificiale. Egli sostiene che i principali assunti della ricerca sul IA siano sbagliati: che il cervello sia analogo all'hardware di un computer e la mente al software e che la mente funzioni similmente a degli algoritmi che elaborano rappresentazioni discrete e simboli. Nega che i nostri comportamenti si possano comprendere e predire in modo oggettivo e libero da ogni contesto. Non nega che possa esistere un'intelligenza artificiale, ma ritiene che per esserci, richieda un corpo simile al nostro inserito nel nostro mondo comprendente una cultura ed una società simili alle nostre. Questa posizione è condivisa dai sostenitori dell'embodyment. Nel film, il personaggio che prende il nome di Dreyfuss, sostiene che utilizzare dei robot al posto di umani su questioni di vita o di morte che richiedano un giudizio etico e non solo razionale, sia sbagliato e pericoloso. Per essere un buon giudice, non è sufficiente applicare ciecamente delle regole, come farebbe una macchina esclusivamente razionale, ma saper prendere delle decisioni difficili in assenza di regole che ci dicano come agire.
Lo scienziato costruttore di Robocop, Dennett Norton, prende il nome dal filosofo Daniel Dennett e, come lui, ha un approccio logico-funzionalista. Al contrario di Dreyfuss, sostiene che gli umani siano delle macchine elaboratrici di informazioni e che la mente possa essere ritenuta libera dal contesto in cui risiede. Il nostro cervello è come un processore che elabora su più livelli ciò che viene percepito dai sensi, attraverso processi che avvengono precedentemente alla nostra coscienza. Nel momento in cui qualcosa arriva al livello cosciente, essa è già stata elaborata ed interpretata. Di conseguenza, abbiamo solamente l'illusione di avere una volontà, in quanto la nostra interazione con l'ambiente avverrebbe prima di arrivare alla coscienza. In modo simile a come avrebbe dimostrato Benjamin Libet con i suoi esperimenti. Questo appare evidente in una scena del film in cui Norton Dennett spiega che nel momento in cui Robocop va in modalità combattimento, l'intelligenza artificiale che affianca il suo cervello prende il controllo del corpo, ma la mente di Alex Murphy continua a ritenere di essere in controllo. La stessa situazione viene descritta nell'esperimento mentale di Daniel Dennett "Dove sono?".
Se fosse stato seguito un approccio al tema più originale, ne sarebbe potuto uscire un gran bel film. Al contrario, rimane un buon film d'azione, con una sceneggiatura e dei personaggi prevedibili e degli ottimi spunti per delle ricerche, ma purtroppo visibili solo da chi sa già cosa cercare.
Un articolo interessante, scritto dal filosofo enattivista Alva Noë: Deconstructing The Philosophies Of 'RoboCop'.