Se non vi sareste mai aspettati di guardare un film di fantascienza girato come un lungo dialogo fra personaggi seduti nel salotto di una casa di montagna, dovrete guardare “L’uomo che venne dalla Terra”.
In un periodo in cui, nella fantascienza cinematografica, sull’altare della spettacolarità vengono continuamente sacrificate la sceneggiatura, la logica e la coerenza, questo film fa l’esatto opposto proponendo una trama intelligente, verosimile, coerente e dei personaggi intelligenti e vitali impegnati nel tentativo di comprendere o confutare la storia che viene loro narrata.
John
Oldman è un uomo che sostiene di essere vissuto 14.000 anni, nato come uomo di
Cro-Magnon e, nel corso della sua vita, migrato in continuazione da luogo
a luogo nel tentativo di comprendere perché non invecchiasse e di nascondere
questa caratteristica agli altri uomini. Non riesce a ricordare i dettagli di
tutta la storia della civiltà umana che ha incontrato, allo stesso modo in cui
l’oblio della memoria rimuove dalle nostre menti i ricordi che sembrano meno
salienti, ma ha vissuto ed incontrato molte personalità notevoli della storia,
ed anche lui, in una occasione lo è stato. È stato testimone delle
trasformazioni di uomini ed insegnamenti estremamente saggi nella loro
semplicità, in complessi miti religiosi, prima, e strumenti di potere poi.
Raccontando tutto questo ai suoi amici, quasi costretto, prima di doversi
nuovamente trasferire, incontrerà la loro incredulità, le loro reazioni,
talvolta aggressive – per difendere le proprie convinzioni e conoscenze. Essi
si sentiranno feriti, illuminati, scettici, preoccupati per lui; e con loro
noi, che ascoltiamo assieme, questa narrazione. Un film di fanta-antropologia e
filosofico, che merita almeno una visione, se non altro per la sua unicità
all’interno di questo genere.
Il film è costato “appena” 200.000 dollari e la sceneggiatura è ad opera di Jerome Bixby, già sceneggiatore di alcuni episodi di Star Trek e Ai confini della realtà.