Chi riteniamo folle?

Prendendo spunto da un post sul blog Some1elsenotme, vorrei cercare di capire in che modo percepiamo la follia. Cioè, quali caratteristiche dovrebbe avere un comportamento, perché, da noi, sia ritenuto folle.

Penso che per comprendere cosa sia la follia, sia necessario anche capire in che modo noi, presunti savi, la percepiamo. Questo è utile a metterci al riparo da illusioni e dal rimanere imbrigliati in idee preconcette.

Dato che nel post parlerò di congruenza fra l'interpretazione della realtà da parte del soggetto con quella comunemente accettata, devo prima spiegare cosa intento con realtà. Avviso che all'interno dell'articolo c'è uno spoiler sul film Memento di Christopher Nolan.

La nostra rappresentazione di realtà è un concetto in continuo divenire, che varia a seconda della cultura del momento. Siamo noi, con i nostri strumenti e le nostre conoscenze a dare una forma ed una definizione alla realtà. Successivamente, consideriamo la forma ottenuta, come perfettamente isomorfa con la realtà oggettiva. Facendo questo, dimentichiamo che nel corso della nostra storia l'evoluzione della cultura e degli strumenti a disposizione ha cambiato continuamente la rappresentazione della realtà. Trascuriamo che siamo degli animali umani, esseri viventi organici, nati in precise condizioni e luoghi e con una struttura biologica simile e quindi "menti simili". A causa di questo, abbiamo enormi difficoltà nell'accorgerci di eventuali vizi sistemici presenti all'interno dei nostri schemi mentali comunemente accettati. Questa difficoltà ci rende estremamente difficile comprendere cosa possa essere oggettivo.

Il post di Gialnuca, commentando la condizione dell'assassino di Oslo, dice: "…un modello della realtà che non è congruente con quello che è il mondo là fuori al giorno d'oggi. Talvolta tale discrepanza può essere vissuta in maniera dolorosa. Il rendersi conto della distanza tra l'ideologia e la vera realtà - due concetti che non finiranno mai per coincidere - può nelle menti più deboli suscitare infatti una frustrazione tale da spingere ai gesti più estremi e pericolosi."

Questo sembra anche descrivere quello che percepiamo nelle persone che riteniamo folli. Consideriamo folle una persona la cui rappresentazione della realtà differisce da quella della maggior parte delle altre persone: quella comunemente accettata in un preciso luogo e tempo. La discrepanza descritta, spesso porta il soggetto ad agire in modo da riallineare le due rappresentazioni della realtà, interna ed esterna. È utile paragonare questo con quanto descritto dalla teoria sociale cognitiva di Albert Bandura. Durante questi tentativi, notiamo che nel soggetto c'è qualcosa di anomalo e le sue azioni ci appaiono inspiegabili ed imprevedibili.

L'imprevedibilità che percepiamo, è dovuta dall'abitudine nostra di vedere nell'altro il riflesso dei nostri stessi schemi mentali, che consideriamo normali. Quando questo è disatteso, ci sorprendiamo e giudichiamo la persona "non normale", probabilmente folle.

Persone con convinzioni simili a quelle del killer, in tempi passati, non sarebbero state considerate folli. Ma la "sanità mentale" percepita, sembra evolversi in modo quasi darwiniano, di pari passo con la cultura e quindi con la percezione della realtà. Chi non ha una rappresentazione adatta al qui ed ora, viene considerato folle. La pericolosità che percepiamo nel folle, nasce alla nostra incapacità di poter prevedere le sue azioni ed i suoi pensieri, perché essi poggiano su rappresentazioni molto diverse da quelle che fanno da base ai nostri. Abbiamo difficoltà ad anticiparlo, a prevederlo, quindi lo riteniamo pericoloso. Ed infatti non c'è nulla che gli impedisca di diventarlo, perché tutta la società è costruita per elaborare e prevedere schemi diversi dai suoi.

Vorrei fare un paio di altri esempi. Quando Pitagora dice all'uomo che sta picchiando un cane randagio di smetterla, perché ha riconosciuto gli occhi del cane come quelli di un vecchio amico, egli forse non viene considerato folle. Attualmente, contestualizzandolo, non lo consideriamo folle neppure noi. Perché conosciamo la sua filosofia e sappiamo capire la sua rappresentazione mentale della realtà e prevederla. In modo simile, non consideriamo folle una persona che per convinzioni filosofiche o religiose, crede nella reincarnazione. Esattamente come Pitagora. Eppure, se qualche sconosciuto dovesse esclamare una cosa simile, come minimo farebbe alzare un buon numero di sopracciglia. In modo simile, quando una persona ha esperienze sinestetiche, non viene considerato un visionario, perché le scienze cognitive, voce autorevole e comunemente accettata, danno una spiegazione soddisfacente del fenomeno. Ma un centinaio di anni fa, agli albori della psicologia moderna, ciò non sarebbe accaduto. La cultura di allora non aveva strumenti per comprendere e fornire uno schema in grado di fare previsioni su quel fenomeno, quindi chi affermasse di vedere suoni colorati, o che certe forme gli sembrano avere un dato sapore, sarebbe apparso come una persona malata.

Anche se non è esattamente lo stesso caso, penso a Clive Wearing ed al protagonista del film Memento. Nel primo, la lesione che ha subito, gli impedisce di memorizzare nuovi ricordi, ma ciò influisce in modo marginale sulla sua rappresentazione della realtà e quindi le sue azioni sono prevedibili. Il secondo ha un male che gli impedisce di memorizzare ricordi e di ricordarsi parti del suo passato e questo lo spinge ad avere una rappresentazione distorta della realtà. Agisce in modo da riallineare la rappresentazione interna della realtà con quella percepita e le sue azioni sono di difficile comprensione e prevedibilità, sia per lo spettatore che per l'investigatore che cerca di trovarlo. Consideriamo entrambi dei soggetti malati, ma solo il secondo ci appare folle.

Un povero malato di Alzheimer non viene comunemente considerato folle, eppure la sua rappresentazione della realtà, a causa delle disfunzioni della memoria, differisce dalla norma. Verrebbe considerato folle solo dal momento in cui le sue azioni iniziassero a diventare imprevedibili. Quest'impressione acquisisce maggiore forza quando la sua imprevedibilità diventa pericolosa. Volendo spingersi oltre, si potrebbe osservare che, talvolta, quando vengono messe in atto da persone "savie" delle strategie per poter gestire ciò che viene considerato folle, esse appaiono folli a tutti coloro che non si sentivano minacciati dalla altrui percepita follia, ma che al contrario si sentono minacciati da queste contromisure. Infatti anch'esse si baserebbero su schemi non comuni, spesso oscuri ed imprevedibili, ed apparirebbero pericolose. Guerre preventive, controlli a tappeto su tutta la popolazione, panopticon globale...

Fra le cose su cui su basa la rappresentazione della realtà della maggior parte delle persone, vi sono misurazioni e teorie che vengono comunemente considerate oggettive, come quelle scientifiche, oppure provenienti da fonti considerate autorevoli. In passato, più di ora, i testi sacri erano considerai documenti oggettivamente autorevoli. Questo dovrebbe mettere ancora più in evidenza quanto la percezione di sanità, dipenda dalla cultura del luogo e del momento.

Ironicamente, talvolta, diamo del folle anche ad un genio musicale, ad un artista che rielabora la realtà restituendola in modo notevolmente inatteso, in un modo che la maggior parte delle persone non sarebbe stata in grado di immaginare e quindi prevedere.

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