Le ragioni del veganismo

Sul sito di Luigi Lombardi Vallauri si possono trovare anche le lezioni, trasmesse nel 2004, 2005 e 2007 su Radio Rai Tre: Meditare in Occidente.

In generale sono tutte quelle della nonviolenza e dell'animalismo. Nello specifico vedrei come utili alla discussione almeno sei argomenti.

  1. ETICO

    1. Gli animali sono esseri senzienti, capaci di dolore, soggetti di una vita (animalismo animalista)
    2. La violenza sugli animali disonora l'uomo come soggetto morale (animalismo umanista)
    3. La crescita spirituale dell'uomo passa attraverso una decrescita della violenza (animalismo spirituale)
  2. ECOLOGICO

    1. Mangiare animali riduce la biodiversità, la bellezza del mondo: deforestazione, desertificazione, riduzione delle specie animali e vegetali, impoverimento dei mari e delle acque (argomento ecologico-estetico)
    2. Mangiare animali riduce la salubrità dell'ambiente: inquina l'aria, le acque, i suoli (argomento ecologico-igienico)
    3. Mangiare animali esaurisce risorse naturali essenziali: consuma acqua, piante in misura insostenibile (argopmento ecologico-economico)
  3. ECONOMICO

    1. Mangiare animali non è indispensabile al PIL
    2. Nel prezzo dei cibi animali bisognerebbe includere le esternalità, che invece vengono caricate sui beni comuni
    3. Il valore dei beni/servizi offerti dalla natura, monetizzato, è altissimo (argomento economico-ecologico)
  4. SOCIALE
    Mangiare animali è costoso, possono permetterselo i ricchi. Più mangiano animali i (nuovi) ricchi, meno hanno da mangiare i (nuovi) poveri. Mangiare animali accresce la fame umana nel mondo (argomento della giustizia alimentare umana)

  5. DIETETICO
    La dieta vegan fatta bene è la più vicina alla dieta ideale per la salute e la longevità umana

  6. GASTRONOMICO
    Mangiare vegan può essere edonisticamente accettabile: le piante e le loro combinazioni sono più varie delle carni e delle loro combinazioni

Decisivo ("categorico" nel senso kantiano) è comunque l'argomento etico.

Le ragioni dell'animalismo

Gli animali sono meritevoli di tutela in base a due criteri: il valore e la soggettività. Il loro valore è quello di bioarchitetture meravigliose per ingegneria, grazia, mistero, sconfinata fantasia; vivificano con la propria presenza gli ecosistemi, ispirano potentemente, in tutte le culture, l'autocomprensione dell'uomo. La tutela in base al valore, che riconosce loro lo status di beni equiparabili ad altri beni ambientali o ai beni culturali, s'iscrive nel quadro più ampio della tutela della biodiversità: difendere contro l'invasione antropocentrica moderna la bellezza/ricchezza immemoriale del mondo.

La soggettività si accerta attraverso lo studio dei sistemi nervosi centrali e dei comportamenti. Segnatamente i vertebrati sono esseri senzienti, comunicanti, in grado di soffrire, godere, apprendere, provare affetti, emozioni, sviluppare capacità: doti che in condizioni favorevoli si manifestano pienamente ma che subiscono una mortificazione quasi totale nella dismisura della violenza cui le vittime sono sottoposte dentro gli allevamenti intensivi, gli impianti di macellazione, i lavoratori di sperimentazioni/vivisezione.

Di fronte all'attuale barbarie sarebbe comunque preferibile uno scenario vita degna - morte indolore; preferibile ma non aproblematico, in quanto la privazione di una vita degna massimizza il danno.

All'animalismo ambientalista (del valore) e all'animalismo animalista (della soggettività) è importante affiancare un animalismo umanista, in difesa dell'onore dell'uomo. L'uomo è disonorato dal modo in cui tratta gli animali. Non è "sviluppo della persona" (art 3.2 della Costituzione italiana) maltrattare e uccidere gli animali, servirsi per cibo, vestito, dei loro corpi reificati. L'imperativo di pietà e giustizia si estende anche sul carnefice, non solo sulla vittima. Noblesse oblige: la nobiltà crea doveri, non privilegi. I due animalismi sono sinergici: più è vero che gli animali sono senzienti e intelligenti, più sono gravi i doveri dell'uomo nei loro confronti; più è vero che l'uomo supera gli animali non umani in razionalità e spiritualità, più sono gravi i suoi doveri nei loro confronti.

E il diritto? Tutte le ricerche registrano uno spostamento del baricentro del diritto, negli ultimi due decenni, da un'attenzione quasi esclusiva per gli interessi animali a una qualche considerazione per gli interessi animali. L'articolo 13 del Trattato di Lisbona del 2009, norma europea di rango paracostituzionale, statuisce che "l'Unione e gli Stati membri tengono pienamente conto delle esigenze in materia di benessere degli animali in quanto esseri senzienti". Il Titolo IX-bis del codice penale italiano, entrato in vigore nel 2004, prevede sanzioni carcerarie e pecuniarie a carico di chi, per crudeltà o senza necessità, uccida, maltratti, abbandoni, detenga animali in condizioni produttive di gravi sofferenze. Esistono leggi di protezione delle diverse specie animali destinate alla macellazione. Al tempo stesso la macellazione è espressamente esentata, insieme alla caccia, alla pesca, alla sperimentazione/vivsezione, dalla qualifica di "uccisione" e di "maltrattamento". La contraddizione delle leggi speciali con i principi generali e con il realismo ontologico è evidente e può sanarsi solo attraverso un sempre maggiore riconoscimento dei diritti animali.

Alle quattro forti ragioni fin qui evocate vorrei, a titolo personale, aggiungerne una quinta, più selettiva: una ragione spirituale. Nessun uso violento degli animali non necessario, cioè finalizzato principalmente al piacere o al guadagno, è dharmico, perché il dharma include come elemento essenziali la nonviolenza (ahimsa), l'amore-compassione (karuna). La violenza sugli esseri senzienti, sia quella consapevole e culturalmente/religiosamente legittimata, sia quella non consapevole, perpetrata per abitudine e psicologicamente rimossa, non può non costituire un ostacolo sulla via verso la liberazione sapienziale, verso la mente dell'illuminazione-beatitudine, che non è concepibile come egoica e priva di compassione.

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