Il tempo non esiste

Usando un approccio riduzionista, si potrebbe dire che il tempo non esiste e che quello che noi chiamiamo tempo, non è che la percezione sequenziale di semplici variazioni della materia nello spazio.

Movimenti, mutazioni, spostamenti di oggetti, anche il classico muoversi della lancetta dell’orologio non è altro che movimento di materia causato da altri movimenti di materia, che siano le oscillazioni di un quarzo o il muoversi di un meccanismo a molla. Il battito del cuore, il cadere di una goccia, fino al fiorire causato dalle variazioni nella materia che compone la pianta. Ciò che include e che sta fra una variazione e l’altra, lo consideriamo come un continuo e lo chiamiamo tempo. La nostra misurazione del tempo consiste nel trovare quali cambiamenti della materia avvengono simultaneamente ad altri che noi abbiamo deciso di usare come riferimento.

Ipotizziamo che, simultaneamente, tutte le variazioni della materia dell’universo, accelerino o rallentino. La nostra percezione del tempo, rimarrebbe, rispetto ad esso, invariata e noi non noteremmo nulla. Per usare un'analogia, se chiedessi a qualsiasi persona se i buchi esistono, questa non avrebbe alcuna esitazione nel dirmi che sì, esistono. Ma cos’è un buco? Un buco è la mancanza di materia delimitata dalla presenza di materia. Ed essi sono definiti proprio dall’assenza di essa, ma non hanno un’esistenza propria ed indipendente. Il concetto di buco, quindi, è un’idea, o un’intuizione istintiva, che definisce un qualcosa che, oggettivamente, non esiste. Possono esistere gli istanti, configurazioni particolari della materia che a noi paiono salienti, ma può non esistere il tempo come assoluto, perché il tempo non è necessario al funzionamento dell’universo. Tutto quello che c’è fra una variazione percepita e l’altra, potrebbe essere considerato alla stregua di un buco: un qualcosa di mentale, un’astrazione che esiste solo in relazione a qualcos’altro. Togli questo, ed ottieni che rimangono solamente variazioni di configurazione della materia.

Nel 2012, al festival delle scienze di Roma, il tema principale era stato proprio il tempo. Sul sito dell'evento sono state pubblicate le lezioni di vari scienziati e teorici, scaricabili in formato MP3.

Trascrivo l'audio della lezione del fisico teorico Carlo Rovelli. Consiglio anche l’ascolto del dialogo con Julian Barbour e Giuseppe Giorello (attenzione che, sulla pagina, il file con l’audio originale e quello con la voce doppiata dall’interprete, sono invertiti).

Il tempo non esiste

Grazie di essere venuti. Buongiono. Buonasera. Parliamo di tempo, e in questa chiacchierata cercherò di raccontarvi, prima quello che io, nel mio mestiere di fisico, credo di capire sul tempo, su cos’è e sulla sua struttura, e poi soprattutto anche quello che so di non capire ancora sul tempo.

La chiacchierata si articola in quattro capitoli e l’ultimo sarà molto breve. Cominciamo dal capitolo uno. Questa è una linea, una lunga linea dritta, e questo è come noi immaginiamo il tempo. Il tempo è una successione di momenti, di eventi, di giorni, di anni, di minuti. Qui siamo ad adesso, ad esempio, qui è dieci minuti fa quando siete entrati, qui è ieri quando io sono arrivato a Roma con l’aereo, l’anno scorso, quando sono nato, l’inizio della terra, l’inizio dell’universo… Qua c’è il futuro: domani, eccetera, eccetera, fino all’infinito. Ogni punto rappresenta un momento del tempo. Ad esempio, fissiamone uno, poi lo confronto con gli altri: io alzo il braccio sinistro, e diciamo che eravamo qua. Ecco, questo è il momento in cui ho alzato il braccio sinistro. Passa del tempo… un evento che dura del tempo, ad esempio questa lezione, copre un pezzo di questo tempo che passa. Ad esempio, fra mezz’ora, quando avrò finito di parlare, più o meno, saremo quà. Questo è l’intervallo di tempo fra qui e qui. Il tempo lo misuriamo con degli orologi: “Ho iniziato alle cinque, quando avrò finito di parlare saranno più o meno le cinque e mezza.” Fatemi prendere un orologio. Questo segna le cinque. Credetemi anche se non lo vedete. Qui, nel momento in cui inizio a parlare, sono le cinque. Il motivo di tutto questo è che, pian piano, qualcosa cambierà in quest’immagine. Quando finirò di parlare saranno le cinque e mezza: questo orologio segnerà le cinque e mezza.

Noi viviamo dentro questo tempo. Adesso non siamo più qui, è passato un po’ di tempo da quando ho alzato il braccio. Noi ci muoviamo lungo questo tempo. Il temo scorre per noi, ed il tempo è cruciale per noi. Noi siamo il tempo, in qualche maniera, abitiamo dentro il tempo. È nella nostra esperienza immediata. Talmente tanto che possiamo facilmente immaginare un mondo senza degli oggetti, senza le cose, addirittura senza lo spazio, se ci pensiamo sono i nostri pensieri, ma è molto difficile pensarlo senza il tempo, perché la nostra diretta, immediata, esperienza del mondo, è il tempo che passa. Per poter pensare il mondo, dobbiamo pensare che i pensieri avvengono nel tempo, uno dopo l’altro. Per cui il tempo è la nostra casa ed è organizzato in questa lunga linea. Nell’induismo indiano, quest’idea è espressa da Shiva che danza. Shiva, nella sua danza, fa vivere l’universo e da il ritmo lungo cui avviene l’universo. Questo ritmo, questa successione, questa lunga linea che va dal passato verso il futuro, è il tempo. Questo è il capitolo primo.

Capitolo due. Se il tempo è fatto così, abbiamo capito tutto. Abbiamo capito che struttura ha, come ci siamo dentro e com’è fatto, sostanzialmente. Bene: questa descrizione del tempo che ho appena dato, non è giusta. È sbagliata. Non è sbagliata per qualche considerazione filosofica sottile o per complicate elaborazioni teoriche. È proprio sbagliata, punto. Sbagliata come se io dicessi: “La terra su cui siamo poggiati è ferma”. È una immediata percezione che abbiamo dalla realtà. Molto semplice, molto diretta, molto immediata: la terra è ferma. Sappiamo che non è ferma, che si muove. “Eppur si muove”, diceva Galileo, perché gira, gira intorno al Sole, gira su se stessa, eccetera. Ed io posso misurare la terra che gira. Ad esempio col pendolo di Focault. Appendo un grosso pendolo che continua a pendolare a lungo su un piano, e poi, lentamente, questo piano gira. Prima pendolerà di così, poi così e poi così… molto lentamente. Perché gira? Beh, non è che gira, è la Terra che gli gira sotto, sostanzialmente. Il pendolo sta sempre sullo stesso piano. Quindi c’è un piccolo effetto che ci mostra che la nostra idea che la Terra stia ferma è falsa. Poi, gli astronauti vanno sulla Luna, guardano la Terra e la vedono girare, proprio. Non c’è dubbio che la Terra giri, e non c’è dubbio che le nostre percezioni sull’immobilità della Terra son sbagliate, anche se sono così dirette, immediate. Quello che io credo soprattutto interessante nella scienza è proprio il fatto che corregge le nostre immediate percezioni del mondo, o la nostra struttura concettuale per pensare il mondo e ci racconta che il mondo è fatto un po’ diverso.

Un altro esempio, che forse è collegato, ma più vicino. Se io faccio cadere un oggetto, cade e traccia una linea… se io faccio cadere un altro oggetto qui, cade e traccia un’altra linea… due rette. Queste linee sono parallele? Voi direte: “Sì, tutte le cose cascano.” Invece, evidentemente no, perché la Terra è una sfera, ed ogni cosa che casca deve cascare ciascuna ad un angolo, rispetto a quella vicina. Voi direte: “Ma fra qui e qui, l’angolo è piccolissimo.” Certo, è piccolissimo, infatti è molto difficile da misurare. Se io faccio cadere due cose, io le vedo cadere perfettamente parallele, ma questa piccolissima discrepanza fra le parallele e come cadono i due oggetti è proprio quella che ci dice che la Terra è tonda. Se veramente cascassero parallele, vorrebbe dire che la Terra è piatta, all’infinito, e quindi avrei un’immagine del mondo che è completamente sbagliata. Quindi, piccoli dettagli, ci possono cambiare in maniera radicale l’immagine generale del mondo.

Torniamo al tempo. Perché è sbagliata quest’immagine? Perché io ho detto: “Qui erano le cinque, qui erano le cinque e mezza. Quest’orologio senza le cinque,e quest’orologio qua senza le cinque e mezza.” Che vuol dire, che se io prendo quest’orologio e lo tengo fermo per mezz’ora, dopo mezz’ora segna mezz’ora dopo. Ora, è un fatto, misurabile, anche se piccolo, che se io prendo un altro orologio e lo metto un metro più in basso, aspetto mezz’ora e poi lo guardo, non segna le cinque e mezza. Segna le cinque e mezza meno qualche cosa. Il tempo, è un fatto misurabile, non passa alla stessa velocità un po’ più in alto o un po’ più in basso. La differenza è piccola, dell’ordine di un milionesimo di miliardesimo di secondo, però è misurabile. Oggi abbiamo orologi molto più precisi di questo mio cipollone meccanico. Orologi atomici, orologi al cesio… orologi estremamente precisi, e si misura con relativa facilità, in un laboratorio di fisica, che se io ne prendo due uguali, ne metto uno più alto ed un più basso, aspetto un po’, li guardo e quello più alto è andato più avanti. Quello più basso è andato più indietro. Quest’effetto è vero, reale e misurabile, ed è tanto importante che nei GPS che abbiamo nelle automobili, che funzionano con degli orologi precisi che stanno sui satelliti, è necessario tenere quest’effetto da conto, altrimenti il GPS non funzionerebbe, perché lassù dove ci sono i satelliti con i loro orologi, il tempo corre più veloce. Il tempo va più lento quando mi avvicino alla Terra. Oppure, voi sapere che se prendo un orologio e lo muovo molto velocemente, poi torno ad incontrarmi con un orologio che, invece, è rimasto fermo, l’orologio che si è mosso resta indietro rispetto all’orologio fermo. Per cui se io ho un compagno di scuola, un coetaneo con cui ero insieme alle elementari, eravamo tutti e due di dieci anni, e lui va a fare un viaggio, lontano, veloce, e torna indietro, io ho 55 anni e lui ne ha 32. Noi non ci accorgiamo di queste grosse differenze, perché, più o meno, viaggiamo tutti alla stessa velocità, perché nessuno viaggia molto veloce, e perché quindi le differenze sono piccole. Quindi, il mio compagno di classe che fa il pilota d’aereo, che viaggia veloce, ha vissuto meno di me quando ci incontriamo, ma la differenza è di un milionesimo di secondo e non ce ne accorgiamo, guardandoci in faccia. Però questo ci dice, che quest’idea che il tempo sia una linea, che scorre uniforme, e tutto sta ordinato lungo questo tempo, e qui è una certa ora, è sbagliata. In qualche maniera un orologio che si abbassa, scende, a un certo momento, che segue un altro percorso, più in basso, e poi si riunisce a quest’orologio qui, misura un tempo diverso. Questo vuol dire che l’immagine del singolo tempo che passa, non va bene. È proprio sbagliata, non c’entra niente con la realtà. È una descrizione della realtà che vale sono entro un certo livello di approssimazione molto imprecisa. Ogni percorso nello spazio, si porta il suo tempo. Non c’è un tempo, ci sono tanti tempi. Come faccio a tener conto del tempo tessuto da tutti questi percorsi tessuti che passano attraverso lo spazio? La soluzione, che è quella che i fisici usano oggi, è pensare che tutti questi percorsi tessano una superficie che si chiama lo spaziotempo.

Ora, voi mi direte: “Professore, era proprio necessario portare un lenzuolo da casa per mostrare questa cosa? E, professore, se anche avesse dovuto portare un lenzuolo, per lo meno poteva portare la parte di sopra del lenzuolo e non la parte di sotto, che è tutta storta? Che non si riesce neanche a mettere, che fa le curve, fa i buchi…” La risposta è che ho voluto portare la parte di sotto del lenzuolo perché lo spaziotempo non è una superficie piana, ma una superficie curva. Quello che abbiamo imparato, ormai da un secolo, dal 1915, da quando Einstein, per primo, ha scritto le equazioni che descrivono questo spaziotempo, è che questa superficie non la posso pensare come una tela piana, ma è una tela di montagne, di buchi, in cui gli oggetti stessi curvano lo spazio e ne fanno delle tasche, delle curve, esattamente come un lenzuolo di sotto, che è curvo. Non riesco a metterlo dritto. Ne avanza sempre un pezzo se cerco di tenderlo. E così lo spaziotempo è curvo. Ci sono dei passaggi che sono delle scorciatoie, dei passaggi più lunghi come la superficie delle montagne. Quello che Einstein è riuscito a fare è scrivere le equazioni che descrivono lo spaziotempo, come si curva, e come la presenza di oggetti, un orologio, una massa, il sole, la Terra, curvano lo spazio. La Terra curva lo spaziotempo, ed è per questo che un orologio più vicino alla Terra, rallenta. Fa come un rigonfiamento nello spaziotempo, ed è per questo che rallenta il tempo.

Questa curva, questi buchi, questi avvallamenti, possono essere talmente grandi che, secondo l’equazione di Einstein, si può addirittura bucare. Questi buchi, che si chiamano buchi neri, di cui avete certamente sentito parlare, quando io ero studente i buchi neri si studiavano come soluzioni all’equazione di Einstein, e c’era scritto sui libri e lo dicevano i miei professori che nessuno si immagina che esistano davvero, sono solo oggetti matematici che saltano fuori da quest’equazione. Oggi sono passati solo 25 anni dai miei corsi, o qualcosa di simile, e i buchi neri, nel cielo li vediamo. Questa è un’immagine artificiale: cosa vedrebbe uno, se guardasse attraverso un buco nero. Questa è una vera immagine, anche qua non si vede molto bene, ma se cercate in internet ne vedrete molti. Ci sono dei buchi neri nel cielo, che abbiamo visto e stiamo studiando. Ce n’è uno enorme nel centro della galassia. E sono reali. Quindi, lo spaziotempo effettivamente è una cosa tutta curva, con i buchi, e questa è la struttura dello spazio e del tempo. E questo, chiude il capitolo due.

Capitolo tre. Ancora una volta, beh, abbiamo capito tutto: il tempo non è una cosa lineare, è una cosa più complicata, bisogna andare a scuola, all’università, bisogna imparare un po’ di matematica ma, in fondo, tutte le università italiane hanno un corso di relatività generale, ci sono i libri, basta un po’ di coraggio, mettersi lì, uno studia e capisce tutto sullo spaziotempo. Non devo pensare ad una linea, è una superficie, si curva, si piega, ha i buchi, ci sono le equazioni di Einstein che lo descrivono… È tutto chiaro. No. Non è tutto chiaro. Perché? Perché come Einstein stesso, dopo aver fatto la teoria della relatività, nel 1915, novantasei anni fa, due anni dopo ha scritto un articolo, lui per primo, dicendo “ovviamente questa teoria non può coprire tutta quella è che la realtà dello spazio e del tempo, perché trascura qualcosa di fondamentale – che si stava scoprendo proprio in quegli anni – che sono le proprietà quantistiche- come si dice adesso – dello spazio e del tempo, i quanti”. Nel ventesimo secolo, la fisica, ha fatto delle grandi scoperte. Una è proprio la struttura tutta curve e storta dello spaziotempo, l’altra è la meccanica quantistica. E cos’è questa scoperta? È la scoperta che tutti gli oggetti – gli oggetti fisici, ma anche i campo elettrico, il campo magnetico, e anche lo spaziotempo – visti a piccola scala, hanno una struttura granulare e un comportamento random, casuale. Si muovono come da leggi guidate alla probabilità, invece che da leggi precise. Non voglio parlavi della meccanica quantistica, è un grande argomento complesso. Il punto è che questa immagine dello spaziotempo, è un’immagine approssimata. Pensare allo spaziotempo come una cosa continua, con le sue curve e i suoi buchi, è un’immagine che sappiamo che non va bene se la guardiamo a piccola scala. Che succede a piccola scala? Succede che anche lo spaziotempo deve avere una struttura granulare e una struttura fluttuante. Immaginate: questo è lo spazio, lo guardo un po’ più da vicino, prendo una piccola regione, la ingrandisco, la ingrandisco ancora, la ingrandisco ancora, continuo a guardarla sempre più nel piccolo e quello che penso che vedrei è tutta una struttura complicata. Questa è un’altra immagine. Immaginate che questo è il lenzuolo spaziotempo, se lo guado più da vicino vedo che è rugoso, ed ancora più da vicino è tutto fatto di bolle e bitorzoli. Quindi quello in realtà è lo spaziotempo visto a piccola scala. In realtà, se ci pensate, non è poi così strano, perché anche questo lenzuolo ha una struttura. Sono dei fili, sono tutti dei fili intrecciati. Se lo guardo anora nel più piccolo, è fatto di atomi. Bene, lo spaziotempo è questa cosa, continua se vista su grande scala, ma su piccola scala è fatta di una struttura fine, minuta e soprattutto tutta fluttuante. Ma allora, se lo spaziotempo lo devo pensare così, il tempo qua come cammina? Sale per così… poi fa un giro, torna indietro… scende… poi entra in un buco, gira intorno… Chiaro che l’idea di un tempo che passa diventa molto complicata da pensare se non ho né una linea, né una superficie.

E quindi cosa fanno i fisici, oggi? Cercano di descrivere le equazioni di questo spaziotempo quantistico, con la sua struttura piccola, rinunciando del tutto all’idea del tempo. Dimentichiamoci quest’ordine delle cose lungo il tempo, sia lineare, sia sulla superficie, e scriviamo delle equazioni senza tempo. Che significa? Qui viene, un po’, il discorso centrale di questa chiacchierata. Che vuol dire, fare la fisica senza tempo? Cerchiamo di tornare all’osso della questione. Com’è possibile, e che significa, parlare del mondo, pensare al mondo, senza pensare al tempo che corre. Per prima cosa vi voglio far vedere che, in realtà, è molto più semplice di quello che suona, a prima vista, quando uno dice “faccio la scienza senza tempo”.

Torniamo all’osservazione fondamentale. Cosa vuol dire quando pensiamo al tempo che passa. Prendiamo due eventi. Alle cinque ho alzato la mano sinistra, alle cinque e mezza alzo di nuovo la mano sinistra. Fra questo evento, le cinque, e questo evento, le cinque e mezza, è passata mezz’ora. Che vuol dire? Vuol dire, per esempio, che l’orologio, qui, misurava le cinque e che l’orologio, qui, misurava le cinque e mezza. Ma come faccio ad essere sicuro che quest’orologio è giusto? Il vecchio cipollone meccanico. Beh, lo guardo con orologio più preciso, elettronico, che costa molto meno e va molto meglio, e vedo che è giusto. Ma come faccio ad essere sicuro che questo è giusto? Lo controllo col segnale orario. Come faccio ad essere sicuro che il segnale orario è giusto? So che è controllato con un orologio atomico, precisissimo, al cesio, super-preciso, eccetera, eccetera… Ma qui stiamo parlando di tempi minutissimi, molto più precisi dell’orologio d’oro. Ma come faccio a sapere che quell’orologio atomico è giusto? Lo confronto con un altro orologio ancora più preciso.

Chiaro che c’è un problema… Qual’è il problema? Il problema è che io posso solo vedere… posso costruire degli orologi, che sono tutti dei pendolini, alla fine. Posso controllare un orologio con un altro orologio. Posso vedere se un insieme di orologi è coerente nel definire il tempo. Ma come faccio se veramente misura il tempo o qualcos’altro? Ma che significa misurare il tempo senza un orologio?

La chiarezza su questo punto, la si trova nel libro di Newton, che per primo ha messo tutto in ordine. E Newton dice, in maniera chiarissima: “Vedete, il tempo, noi, mica lo vediamo. Non lo misuriamo. Noi misuriamo posizioni di lancette di orologio, posizione del sole nel cielo, posizione del braccio che si alza, si abbassa… posizione di un pendolo, l’angolo. Tutte queste variabili cambiano e quando una cambia, l’altra cambia. Per mettere ordine e descrivere tutte queste variabili, è comodo introdurre una cosa che chiamiamo la variabile tempo e riferire tutto al tempo.” Per cui noi diciamo “Alle cinque il braccio si è alzato e la lancetta stava là. Alle cinque e mezza il braccio s’è alzato e la lancetta stava là.” Ma in realtà, “le cinque” non c’è. L’unica cosa che vediamo è che quando la lancetta stava là, il braccio stava qui e quando la lancetta stava la, il braccio stava qui. Quindi, quando noi osserviamo il mondo, vediamo solo cose, posizioni di oggetti, valori di variabili, posizioni del braccio, posizioni di lancette, posizione del sole, eccetera, come cambiano le une rispetto alle altre. Ed è tutto. Il tempo lo aggiungiamo noi.

Allora, è chiaro che in linea di principio io posso fare a meno di mettere il tempo e scrivere delle equazioni che ci dicono solo come cambiano le cose, una rispetto all’altra, senza il tempo. Ed è chiaro che se questa cosa è possibile nella fisica newtoniana del tempo lineare, questa cosa diventa necessaria quando il tempo è fatto così, quando lo spaziotempo è fatto così, in cui cercare di mettere ordine, di mettere una variabile lì, non serve, diventa troppo complicato. È molto più semplice pensare al mondo, rinunciando del tutto all’idea di un tempo che passa, e i mondo lo pensiamo senza tempo, con delle variabili collegate una all’altra. E quindi, in qualche maniera, questa è un’immagine dello spaziotempo… sono tutti disegni, ovviamente… della struttura minuta, e non possiamo pensare un tempo che passa lungo questi fili, perché è troppo aggrovigliato. Quindi, invece di pensare a tanti tempi che scorrono, pensiamo – questa è una metafora – “Sono sparite tutte le lancette. Non ci sono più i tempi”.

Quindi, riassumendo. È possibile pensare al mondo senza tempo semplicemente descrivendo quello che vediamo, senza parlare di tempo, e dicendo: c’è concomitanza fra le lancette dell’orologio e questa posizione del braccio e le lancette dell’orologio e questa posizione del braccio. È necessario fare questo quando descriviamo quello che succede su scala piccolissima, dove cercare di mettere ordine con il tempo non funziona più. È come se invece di Shiva che danza e tiene tutto quanto in ordine, la visione della realtà che ci da la fisica di oggi si frantuma in una miriade di danze particolare in cui ognuno danza col vicino a piccolissima scala e non c’è più un ordine globale in cui… non c’è più Shiva che danza. Adesso, spero che Shiva non lo prenda a male… Ma c’è una danza globale in cui non c’è più un tempo in cui tutto questo è ordinato.

La conclusione è che, nella fisica contemporanea, molti gruppi di ricerca stanno cercando di scrivere le equazioni fondamentali del moto senza alcun riferimento alla nozione di tempo. E questo è il capitolo tre.

E poi c’è il capitolo quattro, che sarà molto breve. Che però, forse, alla fine, è quello in cui ho le idee meno chiare, ma anche quello più interessante di tutti. Perché, se rinunciamo al tempo, cioè il tempo non è più né questa linea che scorre, né la tela, resta una descrizione del mondo in cui le cose avvengono, ma non avvengono nel tempo. In cui c’è il cambiamento relativo delle cose, le une rispetto alle altre, ma non c’è il cambiamento nel tempo. Quindi non c’è più il tempo che scorre.

Io scrivo delle equazioni, immaginiamo che ci sono riuscito, il cui il tempo è completamente sparito… Resta un problema: perché noi percepiamo il tempo? Io fra un po’ devo smettere perché mi è stata data mezz’ora di tempo. Il tempo, per noi, c’è. Non c’è una contraddizione frail fatto che il tempo non ci sia a livello fondamentale, e noi che percepiamo il tempo. Pensate all’alto e il basso. Noi abbiamo una percezione fondamentale del mondo dove c’è il su e il giù. Sappiamo da Newton, che nell’universo non c’è l’alto e il basso. Gli astronauti che volano fuori dalla Terra, non hanno un alto e un basso. Per loro, tutte le direzioni sono uguali. Quindi, noi sappiamo che a livello fondamentale del mondo, non c’è l’ alto e il basso, ma per noi c’è l’alto e il basso. Però sappiamo come nasce, come emerge l’alto e il basso. Sappiamo che noi siamo sulla Terra, c’è la forza di gravità che ci schiaccia, quindi qui, sulla superficietta sopra la terra, è ben definito l’alto e il basso. Altrove, no. Quindi sappiamo come emerge e in che situazione particolare emerge il concetto di alto e basso, che ci serve nella nostra vita quotidiana. Domanda… e questo è il problema del capitolo quattro… ammettiamo che, al livello fondamentale, il tempo non c’è, l’universo non ha tempo. Domanda: “Come emerge il tempo per noi? Che cos’è questa cosa che noi percepiamo, che è il tempo?” Bene, su questo stanno lavorando alcuni gruppi di ricerca nel mondo, ci sono delle idee, vi voglio parlare dell’idea che, a me, sembra più interessante. Che è questa. Noi abbiamo una percezione del mondo che non è il dettaglio minuto dello spaziotempo, la scala piccolissima in cui vale la gravità quantistica, la cosiddetta scala di Planck. Non è quella schiuma di spaziotempo. Noi abbiamo un’immagine molto grossolana del mondo. La maggior parte dei dettagli microscopici della realtà non li vediamo. Noi vediamo solo qualcosa. Noi non vediamo il mondo nella sua complessità, lo vediamo molto semplificato. È solo in questa semplificazione, in questa visione approssimativa statistica, che nasce l’ordine dello spaziotempo e, in particolare, nasce l’ordine del tempo lineare. Io credo che questa nascita riguardi, non tanto il mondo in sé, ma il modo in cui noi vediamo il mondo, il modo in cui noi organizziamo il mondo. Questo vuol dire, quindi, che non è un unico Shiva che danza e che tiene su il mondo, ma siamo noi, nella nostra percezione del mondo che creiamo il tempo che passa. Io penso, alla fine, anche se non ho idee chiare di come, in che modo, che il tempo siamo noi. Grazie.

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